Sho Me, Rakhine State, Myanmar, fine maggio 2015
Finisce il Summer Course, i corsi estivi per i nostri piccoli di Sho Me.
Per due mesi, finita la scuola, i bimbi di Sho Me si sono ritrovati a fare compiti, esercizi e soprattutto giocare.
I genitori sono nei campi dall’alba sino a sera e la scuola ha una funzione importante: custodire tanti piccoli angeli.
Chiaramente nei corsi estivi tutto si fa con maggiore leggerezza e si accolgono tutti i bimbi, anche i piu’ piccini, che altrimenti resterebbero a casa soli.
Matita
Fotografie fatte a volte per caso, per fermare dei momenti, ma non “IL MOMENTO”, questo accade di rado, e accade quando sono i bimbi a fotografare.
E’ mia abitudine dare loro la macchina fotografica e dirgli di raccontarmi una storia, e loro scattano, entusiasti, vedendo quello che io non posso vedere.
Chi ha fatto la foto, probabilmente, scattava divertito, come guardando di nascosto da una finestra, per poi ridere di questo o quell’amico.
Invece, questa volta, ha fermato un momento unico e meraviglioso.
Una decina di bimbi sono in classe, ognuno è munito di tutto il necessario, ma per cosa?
Sguardi puliti guardano la matita come fosse un oggetto misterioso, affascinante o sconosciuto, da annusare, toccare, impugnare come una spada o come un cucchiaio, da brandire o toccare, da usare o da osservare.
“Chi sei? Cosa fai coso lungo e appuntito? A cosa servi? Acchiappi formiche? Fai buchi nel legno o mi difendi da un compagno irruente?”
“Faccio tutte queste cose, oltre a banalmente scrivere e disegnare.” sembra rispondere la matita, ignara di essere un mondo affascinante.
Mi piacciono questi volti.
Ci sono sguardi ed emozioni uniche: l’approccio di un bimbo con uno strumento nuovo che diventerà prezioso, un amico speciale che “lascerà il segno”, un qualcosa che mi aiuterà, o mi farà sudare, ma un qualcosa che cambierà la mia vita inevitabilmente.
Momento purissimo, unico, irripetibile ormai dono per molti, grazie a una foto, scattata in fretta, senza magari alcuna attenzione.
L’autenticità di un istante che tutti abbiamo vissuto, io lo ricordo ancora, insieme al profumo curioso della gommina rosea e alla dolcezza di quel legno morbido da rosicchiare e a quella punta infame che si rompeva sempre, Impugnavo quell’arma con tante dita, quattro…perche’ sembrava scappasse , sembrava volesse prevaricarmi.
Sono passati 55 anni e ancora uso 4 dita per scrivere.
Un segno segreto, tra alunni e maestra, che passa i mari, le montagne e i continenti, un segno segreto per pochi.