Come spesso succede a Moses, incontri importanti vengono organizzati dal destino, a nostra insaputa.
Domenica, di ritorno verso Yangon, per evitare tante ore di barca pensiamo di usare una macchina per arrivare a Sittwe. Da non molto questa strada è aperta agli stranieri e ne approfittiamo. È bello entrare nei villaggi, osservare con attenzione la vita quotidiana in un giorno di festa. Povere capanne e campi di riso, con bimbi e mamme vestite a festa con colori sgargianti. Varrebbe sempre la pena viaggiare a piedi, per soffermarsi, per conoscere, ma anche in auto, a bassa velocità, si vivono i luoghi.
A metà strada, nel piccolo villaggio di Yotarot vive d’agricoltura un gruppo kami, una sotto-etnia chin, uno dei nove gruppi di minoranza del Rakhine state. In questo piccolo villaggio c’è una scuola monastica malandata (Ba-Ka school) che accoglie 30 bambini e 5 novizi che arrivano da zone poverissime intorno a Mrauk Oo. E’ un incontro inaspettato e pieno di emozioni. Le due maestre ci accolgono sebbene sia un giorno di festa: il caro Thein, il referente locale di Moses per la vicina Scuola di Sho Me, aveva preannunciato il nostro passaggio.
Ci sediamo sotto il dormitorio, dove si trova la piccola scuola primaria. I bimbi tutti i giorni vengono a scuola qui. Sopra alla scuola, dormono i piccoli novizi dall’aria compita e seria, ognuno con la propria cassa di metallo dove riporre le semplici cose quotidiane. A fianco, una baracca in pessime condizioni accoglie la scuola media. L’ondulina metallica che ricopre il tetto è piena di buchi, le pareti ormai non ci sono più. Ma la scuola esiste e resiste, e le maestre, due giovani donne, volontarie, si spendono per questo nugolo di bimbi bellissimi: 20 maschietti e 10 bambine.
I 5 monachelli sono figli di famiglie di braccianti poverissimi dell’area di Mrauk Oo, vivono nella piccola scuola con il loro maestro monaco e seguono la strada impegnativa della vita monastica. Si alzano alle 4, meditano, raccolgono il cibo, studiano, mangiano prima di mezzogiorno – l’ultimo pasto della giornata – poi ancora studio e qualche gioco prima del bagno, del bucato e prima che l’oscurità avvolga questo piccolo luogo incantato. Hanno bisogno di tutto ma non chiedono, parlano dei loro sogni, qualcuno vorrebbe diventare medico, qualcun altro maestro o ingegnere.
Ci fermiamo con i 5 novizi, hanno tra i 10 e i 13 anni e uno sguardo buono e gentile. Per rispetto, a ogni domanda rispondono con le manine giunte, come si fa parlando con gli anziani, con rispetto. In Myanmar, il wai, le mani giunte, non è un gesto di consuetudine, lo si fa solo ai monaci o agli anziani, a differenza che in Thailandia dove è il saluto nazionale. Rimaniamo con loro a lungo, tessendo una sottile confidenza con le maestre e coi bimbi.
Francesco, storico Presidente della nostra Associazione e da sempre in prima linea sul campo, scruta la struttura della scuola media con il suo sguardo da professionista dell’edilizia: l’edificio è quasi al collasso. La Maestra Kay Kay si apre, e molto timida ci dice che hanno bisogno di tutto, ma che se potesse chiedere qualcosa, chiederebbe della lamiera senza buchi e qualche parete semplice, fatta di canne, per limitare l’entrata dell’acqua e poter studiare quando piove. I sei mesi di monsone sono duri, lo si intuisce dalle condizioni a colabrodo della lamiera mezza arrugginita.
Per ora abbiamo un sogno: dare un tetto ai sogni. Anche il minuscolo monastero dai colori brillanti è messo male… ma chissà…passo dopo passo, un giorno dopo l’altro, che non si possano vedere anche dei sorrisi kami tra i sorrisi dei bimbi di Moses.
Sorrisi sotto un tetto!
Buon Natale
Patrizia Saccaggi (socio fondatore e volontario sul campo)